SULLA TORTURA, ANCORA

Avevamo creduto o forse solo sperato che gli atroci fantasmi della notte più cupa della storia recente, i fantasmi di Hitler, Stalin, Mussolini, Pétain Franco, Mataxas, Salazar e ancora di altri, si fossero dissolti, fossero stati per Sempre fugati dalla luce delle risorte democrazie. Avevamo creduto che la democrazia occidentale, nata in Europa dalla Rivoluzione francese e oltre Atlantico dalla Rivoluzione americana, improntata ai sacri principi della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità, vale  a dire al più alto principio del rispetto e della difesa della dignità dell’uomo, rispetto e difesa della sua vita e della sua integrità fisica e morale, avevamo creduto che la luce di questa nostra democrazia occidentale non potesse più essere offuscata dalle tenebre del passato. (“Ho una natura molto sensibile e alla vista delle sofferenze umane mi tremano le gambe…Perché ora mi accusate di aver ucciso tanti ebrei ? Io non ho fatto che eseguire degli ordini, da buon ufficiale”  così si difendeva Adolf Eichman, il colonnello nazista sterminatore di milioni di ebrei, al processo di Gerusalemme. Alla Conferenza di Yalta, Churchill chiedeva a Stalin notizie sulla sorte dei ‘kulaki’, dei piccoli proprietari terrieri, e il dittatore sovietico rispondeva freddamente che ne erano stati sterminati dieci milioni).

Infamie e orrori erano stati commessi da parte dei nazisti e da parte di chi il nazifascismo aveva combattuto. E ci viene da chiederci: le atomiche di Hiroshima e Nagasaki dell’agosto del ’45 erano state proprio necessarie per piegare il Giappone o non erano state piuttosto una sorta di monito per il futuro assetto del potere nel mondo, una sorta di ‘guerra preventiva’ come ora si dice ? Orrori e infamie dicevamo. Per cui, nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del ’48, l’O.N.U. così proclamava :”Nessuno può essere sottoposto alla tortura né a pene e trattamenti crudeli, inumani e degradanti ”. E già dal ’47, nella Costituzione della Repubblica Italiana, all’articolo 13, così era scritto :”E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”. Anche la Costituzione francese, dell’ottobre del ’46, recitava :”Il popolo francese proclama che ogni essere umano, senza distinzione di razza e di religione, possiede dei diritti  inalienabili e sacri. Riafferma solennemente i diritti e le libertà dell’uomo e del cittadino consacrati dalla Dichiarazione dei Diritti del 1789”. Quella dichiarazione dell’ ’89 che all’articolo 9 così affermava:”Presumendosi innocente ogni uomo fino a quando non sia stato dichiarato colpevole, se si ritiene indispensabile arrestarlo, ogni rigore non necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla Legge”.

Ma questi princìpi venivano infranti dai francesi, dagli eredi della Rivoluzione, nella guerra d’Algeria. A partire dal 1956 scoppia in Francia lo scandalo delle torture praticate dai militari ai ribelli prigionieri. Gli intellettuali francesi si mobilitano e denunziano i generali Salan e Massu, a loro imputano la responsabilità delle torture e la sparizione  in un carcere algerino del militante comunista Maurice Audin .

Lo storico Henri Marrou scrive su Le Monde: “Passando alla tortura, non posso evitare di parlare di Gestapo”. Jean Muller, un cattolico caduto in combattimento, lascia scritto :” Siamo disperati nel vedere i francesi impiegare i metodi che rivelano la barbarie nazista”. Ma è infine il libro La tortura di Henri Alleg, un giornalista sopravvissuto al carcere e alla tortura, che fa indignare l’opinione pubblica. Scrive Sartre:” Nel 1943, in una casa della rue Lauriston ( sede della Gestapo), dei Francesi gridavano di angoscia e di dolore: la Francia intera ascoltava quelle grida. Non si poteva ancora dire con certezza come sarebbe finita la guerra e noi non volevamo pensare al futuro; una sola cosa, però, ci sembrava impossibile: che si potesse far gridare un giorno degli uomini in nome nostro”. E sì gridavano i patrioti algerini sottoposti alla tortura. Quella tortura che quindi varca l’oceano e viene esportata negli Stati Uniti. Non è un mistero che la CIA perfezioni e pratichi le tecniche di tortura nei confronti degli oppositori interni e che la esporti anche nei Paesi latino-americani: in Cile, Argentina, Uruguay, Brasile, Bolivia, Paraguay, Equador l’applicazione della tortura ai prigionieri politici è una regola generale. Nel Cile di Pinochet poi si applicava in modo massiccio la tortura selvaggia. Dalla Germania dunque e dall’Unione Sovietica l’orrenda, ignominiosa pratica della tortura si espande in Algeria, negli Stati Uniti, in America Latina, si espande in ogni angolo del mondo in cui imperano dittature e infuriano guerre. Oggi l’abbiamo vista riapparire sulla scena di Bagdad, nel carcere di Abu Ghraib declinata in un più disumano aspetto di crudeltà e di oscenità. Quegli uomini nudi e incappucciati, che ricordano i torturati della Santa Inquisizione, sono privati, con la cancellazione della fisionomia, della loro identità, sono deificati, ridotti a solo corpo, passivo d’ogni violenza, abuso, oltraggio, ludibrio. Aveva scritto ancora Sartre:”Non basta punire e rieducare alcuni individui: no, non s’umanizzerà la guerra d’Algeria. La tortura vi si è infiltrata da sé; le circostanze l’hanno proposta e gli odii di razza l’hanno imposta. In un certo senso la tortura è nel cuore del conflitto e, forse, è proprio questa la verità più profonda”.

Queste parole di Sartre bisognerebbe oggi mettere davanti a due facce di bronzo, davanti agli occhi di Bush e di Rumsfeld (e dei loro compiaciuti alleati Blair e Berlusconi). Bisognerebbe urlare loro che non basta punire la trucida giovinotta Lynndie England e i suoi degni camerati e compari di torture e di orge nel carcere di Abu Ghraib, che non basta  rimuovere la virago generalessa Janis Karpinski e altri militari e paramilitari di Bagdad, di Nassirya o di altre luride carceri. Sono loro, loro due, i responsabili di questi metodi da barbarie nazista, loro che hanno scatenato  questa assurda guerra in Iraq. Guerra, come tutte le guerre, di distruzione, di morte e di degradazione; guerra di orrori e di disumanità che scatena nei nemici uguali o più tremendi orrori e disumanità, come l’esecuzione di Maurizio Quattrocchi o la decapitazione di Nicholas Berg.

Basta, basta diciamo a questi due potenti. Ricostruiamo, prima che sia troppo tardi, la nostra democrazia degradata, la nostra civiltà oltraggiata. E sia simbolo di ricostruzione quel monumento di bronzo che si trova oggi sull’orlo del grande vuoto dov’erano le due torri di Manhattan, monumento tratto dalla foto del 1932 di Anonimo dal titolo Lunchtime, in cui si vedono operai seduti su una putrella, posta ad una altezza vertiginosa, nell’intervallo della colazione nel loro lavoro di costruttori di grattacieli.

                                                         Vincenzo Consolo          

                          Milano, 15 maggio 2004


Foto di Giovanna Borgese