L’ape Iblea. Elegia per Noto

Invocazione

eterno transito,
segno della fine e dell’inizio,
d’ogni sciame mi dici
del cielo e della terra.
Dimmi dell’asse rotto,
dell’antico scuotimento
della plaga orientale
che ondeggia come mare
Dimmi dell’arnia d’oro
ricomposta al piano,
di Ibla e di Megara
della ragione e del compasso,
di Noto replicata
per apicule tenaci,
sfida a ulteriori scuotimenti,
sogno di scalpellini e architetti

Antica melodia

Per la porta reale
entra ora nel sogno,
nel teatro delle meraviglie,
inizia il tuo viaggio
nell’eco d’Aretusa,
nel coro vibrante delle api
vai tra le quinte di luce,
i fondali celesti,
le prospettive audaci,
il gioco di specchi sulla pietra opulenta,
il raggio che s’inombra nella spirale
Nell’oscillare della campana,
nel rintocco grave, sciamano uccelli,
svolano dalle canne, dai pantani,
migrano gli aironi, sfiorano la cupola ma la lanterna,
contro il cielo di cobalto

Favola della luna che si sfalda

Ma la Luna la Luna la Luna
la maculata Luna è dissonanza,
è creatura atonica, scorata,
caduta dalla traccia del suo cerchio,
vagante negli spazi desolanti.
È saturnina la Luna, atra,
malinconica, sospesa
nell’attesa infinita della fine
che non arriva mai
Esci, vola Regina degli Iblei
da questo labirinto,
da questo teatro che si disfa,
crolla per sordo terremoto…
… ricerca le dimore,
le arnie dimentiche sul ciglio dei burroni
Labirinto e crollo
E subito il boato,
lo schianto spaventoso,
il crollo della cupola
materna. La polvere
imbianca il cuore
della notte, il mio mantello
asciuga in gola
urlo, gemito
Il nome tuo NO
TO s’è spezzato.
L’ape, crisalide trafitta,
pupilla vuota, ombra

frammenti poetici di, Vincenzo Consolo incisioni di Daniele Montis
L’Ape Iblea maggio 2008 Carlo Delfino Editore