I luoghi di Vincenzo Consolo, un romanzo per immagini
26 ottobre 2014
(foto: Carlos Freire – fonte: repubblica.it)
I luoghi letterari di Vincenzo Consolo raccontati dalle immagini del fotografo brasiliano Carlos Freire. Le foto, scattate durante un lungo tour assieme allo scrittore, da Sant’Agata di Palermo a Cefalù, da Pantalica a Palermo, saranno esposte a Parigi, in una galleria di Saint Germain, illustrate dalle didascalie tratte dai romanzi, e faranno poi parte di un libro.
di TANO GULLO, “la Repubblica”, 19 agosto 2014
È la storia di una bella amicizia. Ma anche la testimonianza del percorso letterario di uno dei grandi del Novecento siciliano. Carlos Freire, fotografo di fama internazionale, appassionato lettore di Vincenzo Consolo, prima ha “inseguito” lo scrittore con lettere e telefonate e alla fine, nel luglio del 2006, lo ha conosciuto a Palermo. Da allora non lo ha più mollato. Insieme hanno percorso in lungo e largo la Sicilia soffermandosi nei luoghi dove lo scrittore di Sant’Agata di Militello fa interagire i suoi personaggi. Freire si è innamorato di quella Sicilia vista con gli occhi di Consolo e alla fine ha preso casa a Calascibetta, sul cocuzzolo di fronte a Enna. È iniziato così il suo via vai dalla Sicilia, che continua ancora oggi nonostante il suo amico non ci sia più. Il progetto era quello di pubblicare un libro sugli scenari consoliani.
Tutto era pronto, lo scrittore aveva anche dato il suo placet ai testi e alle foto assemblati da Rosalba Galvagno, ma la morte di Consolo aveva mandato tutto all’aria. Ora quelle foto saranno esposte dal 6 novembre al 7 febbraio 2015 nella prestigiosa galleria “Dina Vierny” a Saint Germain des Près, a Parigi, nel quadro de “Le mois de la photo”, la biennale della fotografia ospitata nella capitale francese, che propone ben ottanta mostre. In seguito l’esposizione si trasferirà a Milano, la seconda città di Consolo.
Sono una cinquantina le immagini di Freire, ma solo in una, scattata a Palermo, c’è ritratto Consolo. «Il protagonista non è l’autore ma il contesto letterario — dice Freire — Consolo parla solo attraverso le didascalie con i brani tratti dai suoi romanzi, che illustreranno la mostra. Le mie foto testimoniano il percorso che insieme abbiamo fatto in un pezzo della Sicilia, quella delle sue opere».
Il libro, invece, vedrà la luce la prossima primavera, dopo la pubblicazione del “Meridiano” Mondadori sull’opera omnia dell’autore de “Il sorriso dell’ignoto marinaio”.
«È stato un privilegio e un dono aver conosciuto Vincenzo Consolo, un uomo di grandissima sensibilità, uno scrittore di enorme acume — dice Carlos Freire, nato a Rio de Janeiro 69 anni fa, naturalizzato francese dove ha fatto base nell’ultimo mezzo secolo in cui ha girato il mondo con la sua macchina fotografica — Quando sono venuto in Sicilia appositamente per conoscerlo è venuto a prendermi all’aeroporto di Palermo con la moglie Caterina e mi ha portato subito a casa sua a Sant’Agata Militello per farmi vedere da dove fosse iniziata la sua avventura umana e culturale. Avermi subito accolto nella sua dimensione intima l’ho considerato un gesto non comune. Poi da lì abbiamo iniziato a percorrere i suoi luoghi. I dintorni del paese natio, e nei giorni successivi Cefalù, dove lui ha ambientato due tra i suoi romanzi più noti: “Il sorriso dell’ignoto marinaio”, la straordinaria storia del barone Mandralisca e “Nottetempo casa per casa”, l’impatto del negromante Aleister Crowley con il perbenismo della cittadina normanna ai tempi del fascismo. Vincenzo era molto legato a Cefalù e ne illustrava abitudini e monumenti. Amava la cattedrale e quell’urbanistica medioevale. E soprattutto quel quadro straordinario del marinaio di Antonello da Messina al museo Mandralisca». Il tour poi prosegue a Palermo dove lo scrittore fa da cicerone allo Spasimo, altro luogo legato a un romanzo, alla Cattedrale, a Monreale. Gli incontri si intensificano e ogni volta si aggiunge una tessera di geografia al mosaico letterario di Consolo. Lo scrittore a raccontare e il fotografo brasiliano a immortalare i luoghi della sua opera. Natura e sentimento.
Il viaggio prosegue a Pantalica e a Messina dove inizia lo spazio “Al di là del faro”. «Era una piacevole abitudine ritrovarci per rimetterci subito in movimento. Siamo così andati a Mistretta, sui Nebrodi, e a Calascibetta, dove ho poi affittato la mia casa siciliana e a Castelbuono sulle Madonie. Siamo andati anche a Racalmuto il paese di Sciascia. Ma lì niente foto. Era il luogo di un altro grande e a me interessavano solo i romanzi di Vincenzo».
Parlavano di letteratura ma anche delle loro vite, un’avventura che in qualche misura li accomunava. «Lui è andato via dalla Sicilia, io dal Brasile. Entrambi esuli volontari. Ognuno di noi con una grande nostalgia della propria terra, ma anche con la consapevolezza che ci sarebbe stato impossibile ritornarvi. Per motivi personali e per la convinzione che tante cose ci tenevano lontano. Lui viveva con il rammarico di una Milano sempre più involgarita negli anni. Ogni tanto diceva che voleva tornare in Sicilia, però si rendeva subito conto che nell’Isola troppe cose non collimavano con la sua visione della vita. Quindi un dilemma tra il volere e il non volere, tra il poter fare e l’impossibilità a fare. E problematiche familiari complesse che non facilitavano la scelta. In qualche modo lo stesso dilemma che vivo io. Per ben otto anni, dalla mia prima emigrazione, non ho fatto ritorno in Brasile. E ancora oggi il mio rifugio è a Parigi. Ecco, è forse per tutto ciò che ci capivamo ».
Il fotografo continua a essere immerso nel mondo di Consolo, sia perché ne percorre sempre le tracce, sia perché le frequentazioni con Caterina, moglie dello scrittore, non si sono mai interrotte.
«Quello che ho cercato di cogliere in Vincenzo è la sua infinita umanità, un’umanità che solo pochi conoscono. Vorrei che i suoi lettori avessero la possibilità di farsi un’idea della sensibilità fuori dal comune di questo grande siciliano. Chi lo ha conosciuto nel profondo ne è rimasto segnato. A Parigi forse era più amato che a casa sua. Marc Fumarolì, il più insigne studioso della letteratura francese del Settecento, che io gli ho fatto conoscere, è rimasto talmente impressionato dalla sua cultura e dalla sua intelligenza che ha voluto rivederlo in Sicilia. Siamo venuti insieme a trovarlo e abbiamo trascorso giornate indimenticabili, cultura e vita vissuta ».
Freire, oltre ad aver fatto numerosi reportage da tutto il mondo — Medio Oriente, India, America latina — ha conosciuto e fotografato il gotha artistico con- temporaneo: Francis Bacon, Warhol, Yourcenar, Cartier Bresson, Amado, Barthes Foucault, Wells e altri, mentre col poeta siriano Adonis ha fatto un libro su Aleppo. Le sue opere sono esposte in musei, gallerie e collezioni europee e americane. «Ho conosciuto tanti numeri uno, ma in pochi ho colto quello sguardo penetrante di Consolo. Ecco, se proprio debbo azzardare un parallelismo, diciamo che un’altra che mi ha colpito in modo particolare è la Yourcenar».
articolo disponibile sul sito de “la Repubblica”
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Mese: Ottobre 2014
Capire il carattere di un uomo con estrema lucidità attraverso sguardi e parole
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Destini è un bel titolo: potrebbe funzionare da epigrafe per tutta l’opera di Corrado Stajano (nella foto). Perché Stajano non ha fatto altro, nella sua vita di giornalista-scrittore, che andare a caccia di destini, specie quando i destini individuali si incrociano con quelli collettivi. E questi ritratti che vanno dagli anni Settanta a oggi ne sono la testimonianza più abbagliante. Sono vite che gli stanno molto a cuore: vite di italiani illustri e non illustri che Stajano sa ricostruire grazie alla capacità di ascolto e di osservazione del dettaglio, ma anche alla sensibilità per la visione d’insieme. Nulla gli sfugge, la tonalità di una voce, un gesto, uno sguardo, un oggetto, un capriccio del carattere, la ritrosia di padre David Maria Turoldo nel mettere le scarpe ai suoi «piedoni da gigante», il giaccone foderato d’agnello tanto caro a Peppino Fiori, il buco nel mento di Paolo Volponi, la poltroncina bianca su cui siede il poeta-traduttore Agostino Richelmy. Dal minimo al massimo, la narrazione di Stajano sa allargarsi dalla macro-fotografia al panorama più ampio, storico e naturale: l’incipit del profilo dedicato all’amico Vincenzo Consolo è una sfolgorante descrizione del mare lontano e del paesaggio etneo di vigne «rotto soltanto dai cimiteri di lava nera…». Precisione e limpidezza della scrittura fanno il resto. Non so quanti, giornalisti e/o scrittori, oggi raggiungano queste vette. Leggere i Destini è entrare in una flora fitta di richiami, di connessioni colte ma senza esibizione di cultura e tanto meno di quell’egotismo «brillante» cui siamo abituati; e ciò anche quando la presenza dell’autore-narratore è palpabile, perché tutto è filtrato dalla sua prospettiva mai neutrale e dalla sua partecipazione umana. Le vite individuali così ravvicinate e salvate dall?oblio si saldano con la storia civile italiana del dopoguerra, con gli intrecci di amicizie, solidarietà, inimicizie. Sicché seguiamo la tragica storia di Richelmy e inciampiamo nella voce euforica di Mario Soldati, al fianco di Turoldo troviamo il frate Camillo De Piaz, con Terzani incrociamo Olivetti, Italo Pietra, Mattioli. Un «mondo perduto» che solo la testimonianza di un grande narratore per fortuna può mantenere in vita a futura memoria.
Di Stefano Paolo
(03 ottobre 2014) – Corriere della Sera