Consolo e i Nebrodi

Conversare su Consolo: per ricordare lo scrittore siciliano

University College Cork, Irlanda
Conversare su Consolo: quattro appuntamenti online per ricordare lo scrittore siciliano A cura di Daragh O’Connell

Organizzazione: Claudio Masetta Milone

1) Tradurre Consolo (venerdì 28 gennaio, 2022) con la partecipazione di
JOSEPH FARRELL
2) Curare Consolo (venerdì 4 febbraio, 2022) con la partecipazione di
GIANNI TURCHETTA
3) Studiare Consolo (venerdì 11 febbraio, 2022) con la partecipazione di
NICOLÒ MESSINA
4) Raccontare Consolo (venerdì 18 febbraio, 2022) con la partecipazione di
CLAUDIO MASETTA MILONE e IRENE ROMERA PINTOR

CONVERSARE SU CONSOLO
Il link per i quattro appuntamenti:

  1. Tradurre Consolo (Joseph Farrell)
     https://www.youtube.com/watch?v=vBZ3o4MXHP4&t=182s
  2. Curare Consolo (Gianni Turchetta)
     https://www.youtube.com/watch?v=SAMwA_oVEB4
  3. Studiare Consolo (Nicolò Messina)
     https://www.youtube.com/watch?v=m0Y46t_d0qI&t=9s
  4. Raccontare Consolo (Claudio Masetta Milone e Irene Romera Pintor)  https://www.youtube.com/watch?v=59QiB2QPzk8&t=7s


La necropoli di Pantalica

Oggi Vincenzo Consolo avrebbe compiuto 89 anni. Lo ricordiamo con affetto. E anche da Berlino lo scrittore e poeta Joachim Sartorius, che a Siracusa torna come si torna a casa, gli dedica due poesie nella traduzione di Anna Maria Carpi.
su suggerimento di Etta Scollo

da Joachim Sartorius | Feb 16, 2022

Quattro poesie nella traduzione inedita di Anna Maria Carpi.

Auf der Terrasse, piazza del Precursore

für (und nach) Vincenzo Consolo

Sulla terrazza, piazza del precursore

a (e a la maniera di) Vincenzo Consolo

Davanti a noi il mare, all’altezza dei nostri occhi,

lenti vanno i pescherecci, domani

avremo sardine, sebastes o il grosso pescespada.

Lui, solo lui, al mercato avrà due garofani negli occhi,

il muso colmo di melissa al limone, le squame di basilico,

e il mercante taglierà, oh, oh, col coltellaccio

taglierà il pescespada finché non restano che testa e spada

e sangue sull’uncino. E qui io penso ai razzi colorati

che ieri al matrimonio

a San Giovannello si spararono in aria

e caddero in acqua, friggendo come pesci, friggendo

come il pescespada nella nostra cucina – domani.

Domani, al pranzo, negli odori di mirra e melissa

penseremo a Mitilene, di fronte alla costa dell’Asia Minore,

la capitale di Lesbo. E’ vero quello che diceva Cicerone,

che hanno messo una statua di Saffo nel salone cittadino di Siracusa?

Di porfido? Non sappiamo come ricomporre i frammenti,

le voci dei navigli in pezzi.

*

Die Nekropole von Pantalica

La necropoli di Pantalica

L’airone vola nei boschi e si colma le ali di spezie.

Il cielo è teso come una pelle, grigio chiaro.

Io sono il pastore che spacca i fichi.

Mi diffondo a parlare delle pecore grigie.

E ancora più bello è sopra le tombe scure.

La prima farfalla, bruna e nevosa.

Aperto in cima al monte c’è il libro

che decide  le forme del suo volo.

*

Téléphone arabe

Telefono arabo

alla memoria di Ibn Hamdis

1

Ci sono due copie del suo Divan, scritto da lui

in accurata agile calligrafia.

Un esemplare impolverato nella Biblioteca Vaticana.

L’altro nel Museo Asiatico di S. Pietroburgo.

Come ci sono pervenuti? Le poesie tarde

parlano dell’invecchiare.  Lui è morto a Palma di Mallorca,

dopo qualche peregrinazione, a settantasette anni.

2

Sino alla fine la sua chioma era riccia e scura.

Ma agli amici della corte di Siviglia pareva che si fosse cinto

il capo di un’aura bianca. Così lo chiamavano il Bianco (o il Robusto o il Saggio).

Nelle sue poesie la sua fragilità era tutt’uno col declino degli Arabi in Sicilia e Andalusia.

Da Siracusa era fuggito in nave a Sfax.

3

Fuggito alla venuta dei Normanni. La sua nave si arenò.  Nessuno

scrive della perdita del suo cuore. Lui scrive

sulla perdita di Jawhara, annegata,

delle belle nostalgiche elegie. Ancor oggi giacciono

come pelli di serpente al bordo della nostra strada.

Téléphone arabe, posta crepitante fino alle Baleari,

lungi dal Vaticano e ancora di più da S. Pietroburgo.

*

Replik

Replica

Io voglio ammirare l’estate d’estate.

Io voglio ammirare in mare il mio mare.

Voglio portare tre delfini ad Arethusa.

Siamo in quattro ad ammirare il loro dorso d’argento.

Ma sulle monete non c’è il dorso.

Solo testa e collo, in un alone d’argento.

Pound e Yeats al Museo Archeologico avevano

studiato accuratamente le collezioni.

Questa moneta è la più bella

del mondo antico, scrisse Yeats ai suoi.

Arrivarono alla conclusione cui erano arrivati già tutti.

Pound comprò una replica.

JOACHIM SARTORIUS

Joachim Sartorius, nato nel 1946 a Fürth, è cresciuto a Tunisi e vive fra Berlino e Siracusa. Poeta e traduttore di poesia americana, soprattutto di John Ashbery e Wallace Stevens. Ha pubblicato molti libri di poesia e prosa. Ha anche lavorato a diverse antologie. Il suo lavoro poetico è tradotto in quattordici lingue ed è l’editor delle versioni tedesche delle opere di Malcom Lowry e William Carlos Williams. La sua ultima pubblicazione è “Wohin mit den Augen. Gedichte” (2021). Membro del PEN per la Germania e della Deutschen Akademie für Sprache und Dichtung.

Ezra Pound in un racconto di Vincenzo Consolo

Nel settembre di un’estate ferma, sulle pendici dell’Etna, a Zafferana (zàfaran, la pianta aromatica e colorante che ad altre aridità rimanda, al nudo e scabro Atlante, infestato di scorpioni e di  serpenti), in un isolato e aereo alberghetto chiamato Airone, con un terrazzo sulla vasta e scoscesa sciara di lava che si stende fino all’orizzonte, fino alla striscia di un mare di cobalto – era il 1968 -, avevano portato, chissà perché, in occasione di un convegno letterario, Ezra Pound.  Portato è la parola giusta.  Chè il bianco, diafano poeta, chiuso nella invalicabile assenza e afasia, non sembrava più ormai che la vuota sagoma dell’uomo sopravvissuto al suo disastro.

Un pomeriggio come un mezzogiorno senza fine, in quell’ora sospesa su un mondo senza ombre (“In alto immobile meriggio, / il meriggio in se stesso si pensa e si conclude”: Valery, Il cimitero marino), nell’ora del sonno e del silenzio, Pound, eludendo ogni vigilanza, scende dalla sua camera, attraversa il salone dell’albergo immerso nella penombra, esce all’aria infuocata, alla luce accecante del terrazzo.  Si porta alla balaustra, lì rimane rigido e immobile, nella contemplazione di quel nero mare, di quel mondo folgorato, di quella distesa ferrosa e sonante come l’isola dei morti della leopardiana Bratacomiomachia: “D’un metallo immortal massiccio e grave/ … / nero assai più che per versate lave / non par da presso la montagna etnea”. Contempla, Pound, quel caos primordiale, quel paesaggio di rovine naturali che sono l’immagine delle sue rovine interne, del suo scacco storico ed esistenziale.  Lì, sulle pendici del vulcano, nella desolazione dell’immenso Etna, è uguale in quel momento, “il miglior fabbro”, il poeta ambizioso, velleitario, uguale almeno nell’orgoglioso isolamento e nella solitudine, a quel fuggitivo da Agrigento, al poeta che si consumò nel fuoco del cratere, a quell’Empedocle di Hölderlin a cui “nell’ora lieta e sacra della morte / gli dèi sono apparsi senza velo”.

In quegli stessi giorni di settembre, sulle falde dell’Etna, un altro poeta, e cineasta, Pasolini, girava scene d’un film: in un luogo d’estremità ed aridità, un giovane imbarbarito dopo la cancellazione d’una storia, la distruzione d’una civiltà, un estraneo a ogni consorzio umano e a ogni pietà, uccideva l’incauto viandante e ne divorava le carni: una metafora e insieme la premonizione di un’altra landa estrema, desolata, una periferia vaga dove il poeta sarebbe stato assassinato, ridotto, sotto il peso d’un moderno, metallico feticcio, a una poltiglia insanguinata.

L’Etna innevato e fumante, sorgente dalla distesa azzurra delle acque, sullo sfondo dell’impareggiabile scenario dell’antico teatro di Taormina, è apparso, così remoto e innocuo, un dio possente ma benevolo, idilliaco. Il Bembo paragona le basse e fertili plaghe del vulcano all’omerica Feacia: “Lì svariate specie di alberi, buone per dare sia ombra che frutto, in questo tanto superiore a tutti gli altri alberi, che a me par veramente s’addica a questo luogo ciò che Omero immaginò dei giardini di Alcinoo…”

Ma in alto, sul vulcano, prossimi al suo orrido aspetto e alla minaccia del suo fuoco, diversi sono stati i sentimenti dei poeti. Davanti a tanta violenza e spaurente nudità, privati d’ogni schermo e illusione, vicini alla scaturigine del magma, sulla sponda del fiume incandescente, nella visione del caos dell’inizio e dell’esito finale, dell’indomabile, perenne cataclisma universale, il poeta si smarrisce e geme.  Come gli alberi che, raggiunti dalla lenta e inesorabile colata incandescente, si torcono e lamentano prima d’incendiarsi e di ridursi in cenere.

Inedito 1968 Zafferana Etnea


Premio Brancati anno 1968 nella foto si riconoscono gli scrittori Dacia Maraini, Pier Paolo Pasolini, Leonardo Sciascia e Alberto Moravia, Vincenzo Consolo .
il Premio Brancati è stata una delle manifestazioni più importanti nel panorama letterario italiano.
Fu istituito nel 1967 ad opera del Dott. Alfio Coco, sindaco di Zafferana Etnea per oltre 15 anni .
Nel corso degli anni numerosi scrittori sono stati premiati ed hanno partecipato alla rassegna : Elsa Morante , Maria Luisa Spaziani , Ezra Pound , Cesare Zavattini , Ercole Patti, Lucio Piccolo di Calanovela , Jorge Amado, Giuseppe Bonaviri, Maria Occhipinti, Leonardo Sciascia e Vincenzo Consolo.