Il Caravaggio di Consolo

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Il caravaggio di consolo

Una lectio magistralis dello scrittore Vincenzo Consolo domani alle 12 all’ Oratorio dei Bianchi nell’ ambito di una giornata di studi dedicata alla conservazione delle opere d’ arte e alle indagini sul “Seppellimento di Santa Lucia”, per raccontare la storia di Caravaggio e gli antichi legami tra il grande pittore maudit e la Sicilia. E per parlare di letteratura e pittura, del potere delle parole e di quello delle immagini, che a volte si incontrano attraverso strade speciali. «I rapporti tra arte visiva e letteratura sono sempre esistiti – racconta l’ autore del Sorriso dell’ ignoto marinaio, ispirato al celebre dipinto di Antonello da Messina – la differenza sostanziale è che la pittura e la scultura necessitano di spazio, la parola, invece, del tempo. Però il rapporto c’ è, ed è molto forte, più di quanto si pensi». Riavvolgendo il filo tormentato dell’ esistenza di Michelangelo Merisi da Caravaggio, si scopre così che i rapporti tra il pittore che amava raffigurare vagabondi e prostitute nelle vesti di santi e madonne e la Sicilia sono molto lontani nel tempo, addirittura si riallacciano ai suoi primi passi nel mondo dell’ arte. Racconta Vincenzo Consolo: «I primi contatti avvengono a Roma, quando Caravaggio è a bottega da Lorenzo Calvi, detto il Siciliano per le sue origini. Qui Caravaggio incontra un altro siciliano, il pittore siracusano Mario Minniti. Abbiamo testimonianza del lavoro in bottega del giovane Caravaggio, che realizzava anche tre quadri al giorno, tra paesaggi e nature morte». E sulla strada del pittore c’ è ancora altra Sicilia, o meglio, altri siciliani. Infatti, dopo qualche tempo Caravaggio passa ad un’ altra bottega, quella del Cavalier d’ Arpino. Ed è mentre lavora qui che gli capita uno strano incidente, forse una rissa o forse un calcio di un cavallo, che lo fanno arrivare all’ ospedale dei Poveri di Roma. Qui giunge soccorso da Lorenzo Siciliano, e qui incontra Giovanni Bufera, frate francescano – anch’ egli di origine isolana – che gli commissionerà una serie di opere. Dice Consolo: «Tra le committenze, sono da ricordare i dipinto del Bacchino malato, probabilmente, e un autoritratto dello stesso artista ancora convalescente, e ancora il dipinto dei Suonatori di liuto, dove la figura in primo piano ritrae presumibilmente l’ amico Mario Minniti». Ripresosi dalla malattia, Caravaggio realizza alcuni tra i suoi dipinti più celebri, come le committenza per San Luigi dei Francesi, la Madonna dei palafrenieri e molti altri ancora. Con i suoi personaggi dalla struttura contadinesca elevati a santi e con le sue figure di grande semplicità, Caravaggio porta scompiglio assoluto nel mondo dell’ arte: e se alcune committenze gli vengono addirittura rifiutate, perché giudicate eccessive e assolutamente distanti dai codici visivi del tempo, specie da quelli della tradizione religiosa, è pur vero che è un prelato illuminato come il cardinal Del Monte ad essere uno dei suoi mecenati e protettori. «Le sue lame di luce – sottolinea Consolo – illuminano una umanità umile e sofferente, che per lui è la più nobile, da osservare con rispetto. Poveri e prostitute sull’ altare, si può immaginare che scandalo». Ed è subito dopo queste committenze che accade “il fattaccio”, ovvero l’ uccisione a campo Marzio di un compagno di giochi, Tommasoni, durante un litigio sul campo della pallacorda, una sorta di tennis ante litteram. Questa uccisione, avvenuta durante una rissa, costringe Caravaggio alla fuga. Prima ospite degli Sforza – Colonna – il padre del pittore era l’ architetto che aveva realizzato la residenza degli Sforza – e poi giù verso il Sud: la geografia della fuga tocca Paliano, Napoli infine Malta. E’ durante queste terribili giornate che Caravaggio realizza l’ unico dipinto firmato. «Firmato col sangue – precisa Consolo: è il sangue che esce dalla testa di Giovanni Battista, forse il motto dei Cavalieri di Malta “Virutem sanguine traho”». A Malta ancora un incidente, un litigio con un cavaliere di giustizia. Rinchiuso nel carcere de La Valletta, Caravaggio fugge approfittando dei festeggiamenti per la battaglia di Lepanto, ancora una volta aiutato dai potenti Colonna. è il 1608 quando arriva a Siracusa, qui protetto dai francescani. A Siracusa rincontra il vecchio amico Minniti che lo presenta al Mirabella, uno storico locale che lo conduce a vedere le bellezze del posto – sarà Caravaggio a battezzare “L’ orecchio di Dioniso” – e gli fa avere dal Senato l’ incarico per realizzare il Seppellimento di Santa Lucia, al cui restauro è dedicata la seconda parte dell’ incontro di domani. «Nel dipinto c’ è la celebrazione dello spazio, non delle persone. E una di queste, abbigliata di rosso, è un ricordo personale del pittore, che aveva perso il padre durante l’ epidemia di peste a Milano. Il padre si chiamava Fermo, la madre di Caravaggio, Lucia. Nomi che si ritrovano nei Promessi sposi». Ma se Vincenzo Consolo dovesse fare un parallelo tra la pittura di Michelangelo Merisi e un letterato, anche contemporaneo, chi sceglierebbe? « Accosterei Caravaggio a Pasolini – dice lo scrittore siciliano – tutti e due amavano la gente semplice, tutti e due hanno scelto un linguaggio del popolo, parlando degli umili, e hanno vissuto tra ragazzi di vita. Hanno cercato entrambi la rivelazione della verità attraverso la semplicità». Coincidenza, entrambi hanno terminato la loro esistenza su una spiaggia: quella di Porto Ercole per Caravaggio, assalito dalle febbri, quella di Ostia per Pasolini, ucciso brutalmente in circostanze ancora misteriose.

PAOLA NICITA
12 aprile 2006