Nuove Effemeridi rassegna trimestrale di cultura

13313591_10208804237936395_453919843_oDa Nuove Effemeridi
Vincenzo Consolo
nella sede del giornale ” L’ora ” di Palermo
foto di Salvo Fundarotto

Mai sempre tuttavia il viaggio, come distacco,come lontananza dalla realtà che ci appartiene, è un sognare. E Sognare è vieppiù lo scrivere, lo scriver memorando del passato come sospensione del presente, del viver quotidiano. E un sognare Infine, in suprema forza, è lo scriver d’un viaggio, e d’un Viaggio nella Terra del passato […]  Mi chiedo: sogno, chiuso nella mia casa deserta di Milano o egli è vero che io sto viaggiando,  che mi trovo ora qui, sul Suolo della celebre Segesta?
Retablo

A dispetto delle innumerevoli, multiformi cassandre che vogliono l’universo letterario ormai succube di una comunicazione dominata dalla piattezza dell’immagine, la scrittura di Vincenzo Consolo continua a stupire e a imporsi. Probabilmente perchè, diversamente da tanti scriventi d’oggi, Consolo è scrittore nel senso pieno del termine, artista che fa del proprio lavoro sul linguaggio un lavoro attraverso il linguaggio, artigiano che inventa una particolare relazione tra mezzi e fini, espressione e contenuto, parole e cose sempre e comunque reversibile. Stabilire quale delle due facce del segno – nei libri di Consolo – prevalga sull’altra vuol dire negare l’esistenza del segno, la compiutezza dell’opera o, se si vuole, la stessa creazione letteraria. Consolo non è scrittore di cose, così come non è scrittore di parole, per il semplice motivo che in lui le parole s’impongono come cose e le cose si leggono come parole. Ecco perchè, quando gli si chiede ragione di un suo presunto barocchismo, risponde senz’altro: “è il mondo a essere barocco, io non faccio che rappresentarlo”. La figura e l’opera di questo inattuale fortemente impegnato nel presente non possono, pertanto, non stimolare discussioni e polemiche, perplessità e distinguo, odi e amori, la cui visceralità e il cui entusiasmo, peraltro, incessantemente traspaiono nelle pagine di libri come Il sorriso dell’ignoto marinaio, Retablo o Nottetempo. Difficile, forse incongruo, andare in cerca di etichette e di formule, di poetiche e d’influenze: se la letteratura sfugge il senso, è perché lo produce di continuo, eterna germinazione di visioni e idee, di affetti e problemi. Se c’è un itinerario sotteso all’opera consoliana, con trasformazioni e revisioni, determinazioni e tentennamenti, è prematuro definirne forme e motivi, non foss’altro perchè il tracciato è tutt’altro che concluso. Per riconoscere la strada che sì è percorsa, occorre conoscere la tappa finale: cosa che possiamo giurarlo, neanche Consolo può per adesso – e speriamo per molto – indicare. Questo fascicolo monografico di Nuove Effemeridi – interamente dedicato, appunto, a Vincenzo Consolo – vuole rappresentare tutto questo. Esso non è soltanto un doveroso omaggio a uno dei pochi scrittori che, pur essendo una delle presenze più significative nella cultura contemporanea, è riuscito a sfuggire al marketing letterario dei giorni nostri.

Vuole soprattutto rendere testimonianza dell’insieme variegato di letture critiche, posizioni, passioni, questioni, ricostruzioni e rigetti che le sue opere hanno suscitato, dal 1963 – data della pubblicazione de La ferita dell’aprile – alla fine del 1994 con interruzioni che, a ben riflettere, si  rivelano ancora più significative degli ostinati proseguimenti.  Apre il fascicolo un inedito di Consolo, “29 aprile 1994 : cronaca di una giornata”,dove non a caso l’immaginazione linguistica della scrittura s’intreccia inesorabilmente con gli affetti, i dubbi ei trasalimenti indotti dal mondo attuale. Anche l’intervista, rilasciata a Roberto Andò, insiste sui nessi che legano e al contempo separano l’ovattata ricerca letteraria e l’enfasi dell’indignazione per il presente, la fuga nel passato e il valore attuale attuale della memoria, il candore e lo scetticismo, la poesia e la ragione.
Le quattro letture che seguono prendono in considerazione i principali aspetti ei diversi momenti dell’opera letteraria di Consolo. Il saggio di Salvatore Trovato sviscera a fondo le forme e le funzioni  del linguaggio utilizzato nel Sorriso e in Lunaria, mostrando come la migliore ricchezza inventiva nasca sempre sullo sfondo di alcune tradizioni (sia colte sia popolari) preesistenti e spesso dimenticate. L’articolo di Cesare Segre ricostruisce i modi in cui il tema della Luna – attraverso Leopardi, Pirandello e Piccolo giunge sino a Lunaria, in cui, trasformandosi le forme comunicative, mutano conseguentemente le emergenze semantiche. L’analisi semiotica che Gianfranco Marrone e Stefano Montes conducono sul primo racconto di Le pietre di Pantalica rende conto, a sua volta, della maniera in cui, parallelamente alle forme linguistiche,anche le tematiche e, in generale, i contenuti narrativi subiscano un complesso trattamento di tipo “ espressionista “. L’Intervento di Salvatore Mazzarella, infine, rilegge pressoché l’intera opera di Consolo alla luce del motivo del viaggio, in quell’intreccio tra vita e letteratura evento e forma, olivi e olivastri che ne è Il segno di riconoscimento.
La sezione immagini propone una selezione di fotografie di Giuseppe Leone che ripercorrono i Luoghi delle opere consoliane. Segue un Lungo archivio, suddiviso in tante sezioni Quante Sono le Principali opere di Consolo (ferita, Sorriso così etc), in cui vengono ripubblicati alcuni studi o articoli apparsi su riviste e quotidiani italiani e stranieri. Il quadro che emerge e nello stesso tempo variegato e compatto: talvolta  interpretazioni si rincorrono, ma più spesso s’oppongono, finendo per trascinare l’opera consoliana ora  sul versante della sperimentazione  linguistica ora su quello dell’impegno sociale e politico. Basta articolare Il complesso intreccio delle diverse valutazioni, sovrapporle e miscelarle, per trovare forse, una delle più conducenti direzioni delle letture a venire. Chiudono il numero un testo poco noto dello scrittore sulla figura di Jacopone da Todi e una bibliografia degli scritti di e su Vincenzo Consolo

Una passeggiata a Palermo con le foto di Salvo Fundarotto

Salvo Fundarotto
Si forma nel laboratorio fotografico di Letizia Battaglia. Negli anni ’80 collabora come fotoreporter con il quotidiano palermitano L’Ora. Con la chiusura del giornale inizia a collaborare alla rivista dell’ Assemblea regionale siciliana Cronache Parlamentari Siciliane. Poi si dedica solo alla fotografia d’autore. Suoi lavori per Young & Rubicam, e poi per l’agenzia Grazia Neri . Le sue opere sono quasi esclusivamente in bianco e nero. Scompare a 56 anni nel 2011.