Consolo ‘Un romanzo sui migranti nuovi proletari’

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Consolo ‘Un romanzo sui migranti nuovi proletari’

I proletari non esistono più, almeno in senso ribellistico. Invece gattopardi, iene e sciacalli impazzano come prima e più di prima. Le classi subalterne sono state addomesticate, e snaturate, mentre i ceti egemoni continuano a perpetuare il loro dominio. Parola di Vincenzo Consolo, che ragiona sulle analogie e sulle differenze della Sicilia di oggi con quella da lui affrescata nel romanzo “Il sorriso dell’ ignoto marinaio”. La storia del barone cefaludese Enrico Pirajno di Mandralisca, nobile e rivoluzionario – una sorta di manifesto dell’ antigattopardismo – è uscita giusto trent’ anni fa. In occasione della sua ripubblicazione negli “Oscar oro” Mondadori, l’ Acio, l’ associazione contro il racket guidata da Tano Grasso, organizza un convegno internazionale, domani e venerdì a Capo d’ Orlando e sabato a Lipari. Tra i relatori il belga Walter Geertz, la francese Maryvonne Briand, l’ irlandese Daragh O’ Connell e Nicolò Messina, docente in Spagna. Non deve stupire questo connubio tra antiracket e letteratura. Il terreno comune è la rottura con il modello gattopardiano che fissa la Sicilia in un tempo senza sussulti. Immobile, in una paralisi che l’ annienta.
(segue dalla prima di cronaca) Tano Grasso e compagni che si scagliano contro le estorsioni, emblema di quella Sicilia rassegnata, somigliano un po’ al barone di Consolo, che contrariamente al principe Salina di Lampedusa, coglie i fermenti del tempo e si lancia con generosità tra i confusi gorghi del mutamento epocale. Perde, ma certamente non da spettatore. «In ogni momento di cambiamento – dice Consolo – si è assistito a queste spinte rivoluzionarie o ribellistiche. è accaduto sulla scia dell’ avanzata dei mille garibaldini, nella guerra partigiana, nella successiva occupazione delle terre del feudo. Magari a volte in modo violento, ma pur sempre sintomo di una reazione a secoli di sfruttamento. Oggi invece la mutazione si insinua in modo subdolo in ogni dove senza incontrare reazioni. L’ omologazione imperante ha azzerato ogni parvenza proletaria e fatto diventare tutti noi dei piccolo borghesi senza ideali, né velleità». «I nuovi proletari ormai sono i migranti che liquidiamo con la parola extracomunitari – continua lo scrittore – Ma con loro dovremo prima o poi fare i conti. La storia del mondo è costellata da questi esodi. I popoli si muovono non solo come dice Verga per spirito di conoscenza, ma per necessità. Giorno dopo giorno migliaia di disperati scappano dalle guerre e dalla miseria. E noi invece di ricordarci i tempi di Federico II quando razze e religioni coesistevano nel rispetto della diversità, continuiamo a erigere barriere. Nella Palermo raccontata dai viaggiatori arabi c’ erano decine di chiese cattoliche, moschee islamiche e sinagoghe ebraiche. E ognuno rispettava l’ altro e il suo credo. Questo è il modello che dovremmo tenere a mente, altro che lanciare anatemi e perorare crociate». E proprio a questi viaggi della speranza alla ricerca di un qualsiasi approdo dedicherà il prossimo libro Consolo. L’ ambientazione è tra Tunisi e Palermo, punto di partenza e di snodo, della rotta della disperazione. Ancora una immersione nel tempo presente per raccontare gli scossoni della cronaca che si fa storia. «Da sempre la Sicilia ha espresso autori che si misurano con il loro tempo – dice Consolo – basti pensare a Pirandello, quello de “I vecchi e i giovani”, Brancati, De Roberto, Sciascia e Vittorini, che raccontano la realtà che hanno sotto gli occhi e spesso utilizzando una lingua sperimentale e innovativa. Il caso di Verga è diverso. Lui, da un punto di vista letterario era rivoluzionario, ma da quello sociale era conservatore. Tornando da Milano, dove aveva assistito alla prima rivoluzione industriale, aveva diagnosticato per la Sicilia un pernicioso fatalismo che la portava progressivamente all’ immobilismo senza speranza. Una concezione metastorica del tutto speculare al determinismo propugnato da Tomasi di Lampedusa nel “Gattopardo”. Il principe Salina, grande astronomo trasferisce sulla terra la metafora celeste. Così come le stelle si espandono, si affievoliscono e si spengono, le classi sociali prosperano e si estinguono. “Dopo noi gattopardi arriveranno le iene e gli sciacalli”, dice. Ma dimentica che anche la sua classe nobiliare è formata da iene e sciacalli, visto che hanno consegnato i feudi alla mafia. Sono loro i principali colpevoli della deriva criminale nell’ Isola». Quelli citati sono gli autori che si sono «sporcati» le mani con l’ attualità. Nel gioco delle assenze è facile ricostruire chi sono gli scrittori siciliani che eludono il presente, l’ eterno presente, per bearsi sulle nuvole della fantasia. «Pur vivendo altrove io, come tanti altri, non riesco a scrivere cose diverse dalla Sicilia. Qui è la mia memoria, qui sono radicate quelle esperienze formative che mi hanno segnano per tutta la vita, qui, infine, è il luogo dove la grande storia è passata fermandosi e lasciando diffuse tracce di sé», dice. Il “Sorriso del marinaio” dopo trent’ anni è più attuale che mai ed intatto resta il pathos che emana, perché – come sostiene l’ autore – quando un libro nasce da un nucleo di verità, dilata la sua metafora nel tempo. Le storie cambiano ma le motivazioni che le muovono, infatti, sono sempre le stesse, scaturite dall’ eterna lotta tra bene e male, tra oppressori e oppressi, tra vincitori e vinti. Il romanzo, che ha consacrato Consolo come uno degli autori più rappresentativi del Novecento, è ambientato nella Sicilia del 1860: il barone Mandralisca assiste ai moti sanguinosi di Alcàra Li Fusi, in cui la disperazione dei contadini si scarica sui compaesani vessatori, borghesi e nobili, e cerca in ogni modo di perorare la causa di questi illusi che avevano davvero creduto alla missione rivoluzionaria dei garibaldini. Così come ci aveva creduto quel Corrao, generale dell’ eroe dei due mondi, che muore ammazzato per non essersi voluto rassegnare al grande ritorno dei vecchi borbonici una volta placata la furia delle camice rosse. Sullo sfondo del romanzo quel sorriso enigmatico del ritratto del marinaio fatto da Antonello da Messina, che somiglia al coprotagonista della narrazione, l’ avvocato Giovanni Interdonato, che ebbe parte attiva nei movimenti antiborbonici e poi fu senatore del regno. Un rimando somatico che induce Sciascia a ribadire l’ importanza della somiglianza in Sicilia. Fin dalla nascita ci accompagna il leit motiv della somiglianza con qualche altro, talora con tanti altri. Si deve per forza somigliare a qualcuno, ne va del consolidamento dell’ identità. Non si scappa. «In realtà – dice Consolo – la storia di Mandralisca è una metafora per rappresentare i sussulti dell’ Italia e della Sicilia degli anni Settanta quando scrivevo il libro. Le speranze accese da quei movimenti che soffiavano nuove idee nel paese transitato velocemente dalla cultura contadina a quella industriale. Un processo di rinnovamento che si è infranto. Oggi mi guardo intorno e vedo una realtà sorretta dai plusvalori. Quasimodo chiamava la televisione il video della vita, per me è il video della morte. Contagia e deturpa le coscienze. La lingua stessa ne risulta svilita». Per questo lo scrittore nel suo continuo sperimentare, si fa archeologo di parole e quando ne riscopre qualcuna vigorosa che esprime più forza dell’ equivalente in italiano – «carica di significati e di significanti, e magari ereditate dai greci, dagli arabi, dai normanni e da quanti altri sono convissuti con noi» – la immette nel flusso della narrazione. Sì, perché le parole – «a prescindere da quel sicilianismo di colore che impazza nei media» – sono lo scrigno della nostra memoria.

TANO GULLO