l’ islam dei nostri antenati Tahar Ben Jelloun e Vincenzo Consolo

 

l’ islam dei nostri antenati

COMO – “L’ Islam e l’ Europa”: pochi temi sono tanto all’ ordine del giorno. Rapporto in divenire, sempre più denso e complesso, sollecita il dibattito a partire da numerosi spunti: integrazione, contrasti e dialoghi tra culture diverse, forme violente di xenofobia, norme giuridiche a favore di regole civili (vedi la legge contro il velo nelle scuole in Francia) legate a una visione laica della società, contrapposte a un sistema di pensiero dove i precetti religiosi determinano i criteri della convivenza sociale. Per parlare de “L’ Islam e l’ Europa” si sono incontrati di recente a Como gli scrittori Tahar Ben Jelloun e Vincenzo Consolo: un marocchino emigrato a Parigi, autore tra l’ altro di due libri importanti per capire le difficoltà di relazioni tra i due mondi, Il razzismo spiegato a mia figlia e L’ Islam spiegato a mia figlia; e un siciliano che vive a Milano, profondamente consapevole delle trasformazioni antropologiche e sociali che l’ impatto di altre culture ha prodotto sulla realtà italiana. Ecco la sintesi della loro conversazione, avvenuta nella sede della Fondazione Antonio Ratti diretta da Mario Fortunato (curatore di una serie di dialoghi dedicati all’ Europa: nel prossimo appuntamento, fissato per il 22 gennaio, parleranno delle prospettive della politica culturale europea Chris Smith, ministro della Cultura nel primo governo Blair, e Giovanna Melandri). TAHAR BEN JELLOUN – «Sono tanti i cliché legati all’ idea di Islam, una religione come le altre, che in quanto tale può produrre irrazionalità e fanatismo, degenerazioni esistenti in ogni società e cultura. Voglio dire che non è l’ Islam, come spesso si è portati a credere, la religione che più propende al fanatismo, anzi. Religione giovane, nel senso che ha “solo” 15 secoli, differisce dal giudaismo e dal cristianesimo, gli altri due grandi monoteismi, perché più temporale che spirituale, concepita per dare una linea di condotta ai cittadini. Perciò il profeta Maometto ci appare innanzitutto come un essere umano, con le sue qualità, le sue debolezze e una vita sessuale nota, scelto tra gli uomini come portatore del messaggio divino. Un altro pregiudizio diffuso riguarda il fatto che l’ Islam autorizzi il suicidio e i kamikaze, nozione proveniente dall’ Asia, e che non ha niente a che vedere con la religione islamica. Bisogna rendersi conto del vero significato della Jihad, parola che deriva dal verbo arabo “Igetahada”, che vuol dire fare uno sforzo su se stessi: la Jihad fu istituita dal Corano per indurre il credente a combattere le proprie mancanze. Quanto alla “piccola Jihad”, equivale alla guerra difensiva. Secondo l’ Islam non bisogna offrire l’ altra guancia. Quando il Papa Urbano II partì alla conquista del Vicino Oriente con le Crociate, i musulmani furono obbligati a difendersi: gli contrapposero appunto la Jihad». VINCENZO CONSOLO – «Perciò, quando nelle cronache più violente dei nostri giorni si parla di “Jihad islamica”, nel senso di movimento terroristico, si stravolge il significato del termine». BEN JELLOUN – «Infatti. La parola è stata fraintesa in quanto la Jihad produce martiri, ovvero coloro che muoiono in difesa della religione. è un termine affettivamente emblematico per i credenti, poiché un versetto del Corano recita che i martiri continuano a vivere con Dio. Se si crede a questa ricompensa, il martirio può attirare i giovani». CONSOLO – «Uccidersi per uccidere altre persone: il solo pensiero fa inorridire. Due anni fa sono stato in Palestina con una delegazione internazionale di scrittori, e mi ha sconvolto la discrepanza tra i due mondi, l’ israeliano e il palestinese. è facile ubriacarsi di esaltazione religiosa quando si raggiunge quel grado di disperazione. Mi sono tornati in mente gli scritti dello storico ebreo Giuseppe Flavio, che racconta l’ assedio di Masada, durante l’ occupazione di Israele da parte dei romani. Per non cedere agli invasori, gli ebrei decisero di uccidere mogli e figli e di suicidarsi. Se all’ epoca ci fosse stato il tritolo, è certo che vi avrebbero fatto ricorso». BEN JELLOUN – «Facile trasformare in kamikaze i giovani che vivono nei campi dei rifugiati palestinesi. Per questo la soluzione del conflitto dev’ essere innanzitutto politica. L’ Islam non incita i giovani ad andare a farsi esplodere nei luoghi pubblici, ma può diventare un rifugio per ragazzi senza futuro. Quanto all’ Europa, il problema va affrontato a partire dalla scuola primaria, informando davvero gli studenti, e dando loro una visione obiettiva dell’ Islam, al di là dei pregiudizi che hanno finito per farne una religione diabolica. E soprattutto bisogna tenere conto di una realtà incancellabile: nel continente delle democrazie e delle libertà ci sono varie religioni, e tra di esse l’ Islam è al secondo posto. Oltre dieci milioni di musulmani vivono in Europa, e molti tra loro non sono europei. In Francia ci sono circa 4 milioni di musulmani, e il 72 per cento sono di nazionalità francese. Prendiamone atto: l’ Islam è tra noi e non se ne va. Bisogna ripensare l’ Europa come inclusiva della cultura islamica». CONSOLO – «Vengo dalla Sicilia, la regione più araba d’ Italia e una terra fra le più arabe al mondo. Mi sembra utile, in quest’ occasione, tracciare in sintesi la storia della conquista araba della Sicilia. è Dante, che di solito viene pensato come il creatore della lingua italiana, a riferirci che in realtà l’ italiano nacque in Sicilia, alla Corte di Federico II, sovrano che riunì attorno a sé vari esponenti della scuola poetica siciliana: Ciullo D’ Alcamo, Oddo delle Colonne, Jacopo da Lentini. Nel loro modo di poetare era fortissimo il retaggio arabo. Dopo aver preso la Spagna gli arabi, divisi in tribù, si volsero alla conquista della Sicilia, nodo decisivo nella strategia politica del Mediterraneo. Dalla Fortezza di Susa, l’ attuale Sousse, partì un centinaio di navi, con diecimila soldati e i cavalli. Nel giugno dell’ 827 dopo Cristo, l’ armata approdò a Mazara, e da qui iniziò la conquista dell’ isola, durata 75 anni. Gli arabi la trovarono in uno stato di abbandono e miseria a causa delle depredazioni romane e delle varie spoliazioni. L’ obiettivo era la conquista di Siracusa, roccaforte dell’ Impero Bizantino nell’ isola, a cui seguì la presa di Palermo, eletta capitale dell’ Emirato. Con la civilizzazione araba, durata due secoli e mezzo, la Sicilia attraversò una sorta di rinascimento: scoprì le tecniche dell’ agricoltura, vide fiorire le arti e la scienze e diffondersi princìpi di uguaglianza e tolleranza. Quando giunsero i Normanni, che riportarono l’ isola alla cristianità, l’ eredità dei vinti fu accolta e inglobata, tanto che sotto il regno di Ruggero il Normanno Palermo contava 300 moschee, oltre a sinagoghe ebraiche e a chiese cristiane dei due riti, romano e bizantino. Nell’ epoca di Federico II iniziano i conflitti, con la conquista turca del mondo arabo-islamico da una parte e l’ invasione cattolica del Mediterraneo dall’ altra. Emergono i fondamentalismi: le guerre si scatenano quando la religione diventa potere politico». BEN JALLOUN – «Anche in Spagna c’ è stata una presenza araba molto importante. Eppure, dopo cinque secoli, il paese sembra aver cancellato questa parte della sua storia. E anzi la diffidenza è talmente profonda che nella mentalità dello spagnolo la parola musulmano equivale a cattivo. Oggi bisogna ripensare la relazione della Spagna con gli arabi, così come quella della Francia con l’ Algeria, una questione su cui sembra che non si sia ancora riusciti a voltare pagina. Senza il chiarimento storico di certi rapporti, il fanatismo continuerà a usare la fede dei credenti per intimorire l’ Occidente e minacciare gli europei. è inoltre fondamentale ripensare la politica dell’ emigrazione in Europa. E convincersi del fatto che gli emigrati della vecchia generazione non si integreranno mai. Per i loro figli è diverso: un bambino nato in Francia da genitori algerini, marocchini o tunisini è già integrato, perché di fatto è francese. Altrettanto decisivo è far capire l’ importanza del laicismo. Quando la Francia ha votato una legge contro l’ introduzione dei segni religiosi nella scuola, non ha saputo spiegare agli arabi come i loro antenati si siano fortemente battuti, fin dai primi del Novecento, per separare il potere religioso da quello politico. Il laicismo non equivale all’ ateismo: significa semplicemente che ogni cosa deve stare al proprio posto. Se la religione islamica dettasse le regole dell’ istruzione, a scuola non si potrebbe parlare di Darwin, né riconoscere il valore rappresentativo della pittura». CONSOLO – «Vorrei aggiungere che a fine Ottocento ci fu una grande carestia al Sud d’ Italia, e molti lavoratori sardi, siciliani e calabresi emigrarono nel Magreb, soprattutto in Tunisia, Algeria e Marocco, per trovarvi speranza e lavoro. Erano viaggi clandestini, perché quei paesi appartenevano alla Francia, e gli italiani si avventuravano nel Canale di Sicilia con mezzi di fortuna. Spesso avvenivano naufragi disastrosi, proprio come accade oggi, coi tanti sventurati che cercano di raggiungere le coste della Spagna o le isole intorno alla Sicilia. La storia della civiltà è fatta di immigrazioni, che a società invecchiate portano nuove memorie ed energie. Dall’ antica Grecia ai giorni nostri, siamo tutti emigrati: è un movimento che porta solo ricchezza».
Leonetta Bentivoglio

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